Le parole della genitorialità


 Le parole della genitorialità

Annalisa Valsasina

Come mamma e come psicoterapeuta spesso mi interrogo su cosa significhi essere genitore e su quali siano gli “ingredienti” di questo delicato e difficile ruolo. E’ sicuramente riduttivo, oltre che illusorio, pensare di definire tutti i fattori in gioco in una relazione così profonda e complessa, ma mi piace pensare che esistano alcune “parole della genitorialità” che possono rappresentare una traccia e un orientamento di ampio respiro per rendere l’avventura di crescere un figlio anche un viaggio di evoluzione personale.

Provo ad elencarle, non necessariamente in ordine di importanza e naturalmente senza alcuna pretesa di esaustività.

Fiducia Donald Winnicott, celebre psicoanalista del secolo scorso, sosteneva che “la qualità più importante di una buona madre è una naturale fiducia nelle proprie capacità.” Fiducia, nella genitorialità, per me significa confidare nelle proprie risorse, magari ri – scoprendole proprio grazie al rapporto con il proprio figlio – e credere nella propria capacità di risolvere i problemi che l’essere genitori comunque comporta. Implica uno sguardo benevole su di sé così come la capacità di chiedere aiuto se necessario. Significa anche avere fiducia delle risorse e possibilità del proprio figlio, che se accompagnato e accolto saprà trovare la sua strada. Ricordo al proposito quanto angosciata fossi nel periodo dell’inserimento alla scuola materna di mio figlio e quanto mi avesse aiutato la frase di un amico che mi disse “abbi fiducia, tuo figlio ha tutte le risorse per farcela e scoprirlo farà bene ad entrambi”.

Accompagnamento – la genitorialità per me è un viaggio, ancora in corso. Accompagniamo, più o meno agevolmente, i nostri figli nel loro sviluppo, nella costruzione del loro modo di vedere il mondo, nella possibilità di cogliere il bello della vita e di affrontare le problematiche che si presenteranno. Accompagnare significa per me “dare dei confini sicuri”, stare a fianco, non davanti né dietro, senza sostituirsi alle necessarie esperienze dei figli ma tenendo il contatto con loro. Faranno cose che non ci piacciono (i miei parecchie!) e prenderanno scelte che magari non condividiamo, ma possiamo esserci comunque e percorrere insieme la strada che porterà al loro obiettivo. Mi piace pensare in questo senso a me come genitore come ad un “contenitore” che protegge un seme in crescita. Un seme che appartiene alla vita, non a me.

Scoperta e stupore – ho letto un bellissimo libro di C. L’Ecuyer, Educare allo stupore. Ricorda quanto sia importante per un’educazione attenta e vicina al bambino (anche il nostro…) coltivare il suo stupore e la sua meraviglia nella scoperta del mondo che lo circonda. La cosa bella è che con i figli puoi lasciarti contagiare. Uno stupore che passa attraverso il silenzio, il contatto con la Natura e la Bellezza, il senso del mistero (quanto fanno bene queste cosa anche a noi adulti!). Guardare un bambino che cresce, nelle sue scoperte ed esplorazioni, ci porta a ri- conoscere il mondo accompagnati da occhi differenti e bambini, a ricordarci i nostri di allora. Questa estate i miei figli ed io abbiamo guardato meravigliati un incredibile cielo stellato, completamenti immersi nel buio. Ve lo consiglio, a proposito di stupore!

Lentezza e presenzanon possono mancare queste parole, per rendere possibili molti aspetti della genitorialità. Entrare in contatto con l’altro richiede pazienza, ascolto, attenzione, rispetto dei tempi, una presenza “di qualità” e “sintonizzazione” che poco ha a che fare con i ritmi frenetici in cui spesso viviamo e facciamo crescere i nostri figli. Se i nostri figli iniziano a disegnarci o a raccontarci intenti a parlare al cellulare, il messaggio è chiaro!

Dubbio ed errorel’essere genitori comporta molte scelte e sicuramente, mettiamoci l’animo in pace, degli errori. Ma possiamo non condannarci per questo, sapendo, come sempre Winnicott sostiene, che “si può soltanto dire che non è pensabile fare di meglio, ma solo così o peggio”. Ciò che muove è il desiderio di far bene per i nostri figli, ma non siamo infallibili e c’è sempre una possibilità di recupero. Si torna alla parola Fiducia e benevolenza verso di sé.

Ambivalenzaper me è stata da subito una compagna e lo è ancora oggi. Per fortuna ho avuto modo sin dall’inizio di esprimerla con chi ha saputo comprendermi e rassicurarmi, così che oggi ne parlo a me e alle mie pazienti con estrema tranquillità. La genitorialità ci sfida e ci chiede nuovi equilibri interni ed esterni, più o meno semplici a seconda del nostro copione di vita. Come ogni sfida porta con sé sentimenti contrapposti: ci piace essere genitori E ci piacerebbe restare adulti/bambini, desideriamo i nostri figli E li “subiamo”, li amiamo come sono E li vorremmo diversi, li vogliamo lasciare andare E ci piacerebbe trattenerli. La E integra, non mette in contrapposizione perché queste ambivalenze e contraddizioni sono, come dice E. Galimberti, una “cosa naturale, da non intendersi come incompiutezza o non autenticità del proprio sentimento”. Che liberazione poterselo dire! (consiglio su questo tema la lettura del capitolo 10 del libro “Nati per amare” di G. Piccinino)

Confronto e supportoun proverbio africano dice che per crescere un bambino occorre un intero villaggio. La genitorialità diventa più semplice se la rete di confronto tra adulti/genitori come noi è estesa, se i dubbi e le fragilità sono condivise, se il supporto è non giudicante e rispettoso delle scelte educative altrui, così come se al bambino sono offerti più modelli e supporti. Nella mia esperienza, molto spesso mamme-amiche mi hanno proposto significati diversi rispetto al comportamento dei miei figli e questo ha generato nuove opportunità di risposta anche per me.

Sceltaforse la prima e la più importante è quella relativa alla domanda “che genitore sono/ che genitore voglio essere”. Stern afferma che già nel corso della gravidanza la donna inizia a interrogarsi su “se stessa come madre” e “su stessa in quanto figlia nel rapporto con la propria madre”. Diventare genitori ci porta a confrontarci e a rivivere la nostra esperienza come figli e, cosa fantastica, a poter scegliere di cambiare rispetto alle aspettative e ai modelli di chi ci ha cresciuto. Forse questo è uno dei regali più importanti in termini di evoluzione personale che i nostri figli possono farci e che sta a noi sfruttare.

Possibilitàsono tante quelle che la genitorialità “consapevole” offre: quella di guardarsi con occhi nuovi, di scoprire parti di noi che non pensavamo di avere, di modificare e arricchire la nostra identità con nuove opzioni di comportamento e vita. Io non mi sarei mai immaginata così paziente o così pronta a fare scelte lavorative anche molto diverse da quelle che avevo pensato per me. Vivere il ruolo con fluidità, curiosità e accettazione può aprirci nuove possibilità.

Benessere mi piace concludere con quest’ultima parola, così spesso lontana dalla realtà di fatica, stanchezza, responsabilità che tutti i genitori sperimentano. La genitorialità si nutre e non può prescindere dall’attenzione a sé: richiede centratura, attenzione a quanto ci succede per poi rivolgerla verso l’altro. Ci richiama a saperci guardare nelle nostre caratteristiche con uno sguardo benevolo, accogliente e non giudicante. Ci stimola a saperci accettare, magari inserendo i noi stessi di oggi in una storia più ampia che parte dalla nostra infanzia, per poterne capire le origini e gli incidenti di percorso. Riconoscendoci con i nostri pregi e difetti, con le nostre ombre e nell’insieme delle nostre sfaccettature, saremo in grado di farlo anche con i nostri figli, generando ben-essere reciproco.

Queste sono le parole che mi guidano. E voi quale aggiungereste?


Citazioni:

  • Winnicott, Colloqui con i genitori, Raffaello Cortina Editore
  • L’Ecuyer, Educare allo stupore, Lit Edizioni Srl
  • Piccinino, Nati per amare, Mimesis Edizioni
  • D, Stern, La costellazione materna primaria, Bollati Boringhieri

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