Come dicevamo nei punti precedenti, il successo della psicoterapia dipende molto (oltre che dagli aspetti tecnici del lavoro e dalla disponibilità maturativa del paziente), dall’instaurarsi di un rapporto affettivo profondo. In questo rapporto affettivo il paziente rivive molte delle emozioni che caratterizzavano la sua relazione, da piccolo, con le figure genitoriali. Ricordiamo che (vedi punto 1e punto 2) è proprio in questa relazione che si sono originate molte delle chiusure difensive che sono alla radice della sofferenza attuale. Il fatto che il paziente senta di “dipendere” dal terapeuta come da un genitore positivo, è un potente mezzo di successo della cura. Questa “dipendenza” riapre quella fiducia e quella disponibilità tipica dell’infanzia così utile per riprendere produttivamente il cammino maturativo interrotto. È ovvio che in questo periodo il paziente deve essere guidato con competenza e con amore. Esiste un codice deontologico (da noi è disponibile all’ingresso del Centro) proprio per ricordare i limiti entro i quali questa relazione deve mantenersi.
La fase della “dipendenza” è comunque un momento che nell’evoluzione della terapia viene di norma superata, così come nello sviluppo di un bambino vengono superate le varie fasi evolutive.
Man mano che il lavoro procede il terapeuta non viene più “messo sul piedistallo” ed il paziente prova invece un’aumentata fiducia nella propria indipendenza, nelle proprie capacità, e sempre di più la voglia di fare da solo. (A proposito della partecipazione del paziente alla cura vedere il punto 4.
Se questo non dovesse avvenire probabilmente qualcosa nella terapia non sta funzionando a dovere ed è importante che entrambe le parti ne siano consapevoli e decidano di conseguenza.
Obiettivo della psicoterapia è che si esaurisca il bisogno di farla.
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